vittime sotto processo.
Si parla di vittimizzazione secondaria quando una persona che ha subito una violenza online o offline – che possiamo definire «primaria» – è costretta a rivivere il trauma o a subire ulteriori violenze da parte di altri soggetti diversi.
La vittimizzazione secondaria è molto diffusa: può avvenire nel contesto sociale, sui giornali, durante la fase di denuncia alle forze dell’ordine, quando si entra in contatto con i servizi sociali o con gli ospedali. Ma non solo. Può avvenire anche all’interno dei percorsi giudiziari nei tribunali civili, penali o minorili, e anche a conclusione di procedimenti giudiziari.
Spesso il fenomeno della vittimizzazione secondaria è legato al cosiddetto “Victim Blaming”, ossia alla diffusa tendenza di colpevolizzare la vittima adducendo un qualche concorso di colpa, il tanto diffuso “se l’è cercata”.
I due fenomeni sono molto frequenti nei casi di diffusione non consensuale di materiale intimo poiché si responsabilizza la vittima per il fatto di essersi messa nelle condizioni di subire tale violenza. Considerazione, questa, tanto sbagliata da un punto di vista empatico e morale, quanto errata poiché, ad esempio, moltissimi casi di IBSA (Image-Based Sexual Abuse) prescindono dalla consapevolezza della produzione di tali materiali.